Test prenatali

Test prenatali basati sull'impiego del DNA fetale

Per valutare le anomalie cromosomiche

Negli ultimi anni i progressi nel campo della biologia e della genetica molecolare hanno determinato un notevole sviluppo della diagnosi prenatale consentendo l’individuazione in epoca gestazionale precoce di un numero sempre maggiore di malattie genetiche.

Queste conoscenze permettono di offrire alla gestante una consulenza genetica adeguata e informazioni circa possibili interventi terapeutici sia in utero che alla nascita e un’assistenza per una scelta consapevole circa le varie opzioni possibili.

Attualmente la diagnostica prenatale di anomalie cromosomiche o di malattie genetiche richiede il prelievo di cellule fetali ottenibili con metodiche invasive, l’AMNIOCENTESI e la VILLOCENTESI. Queste tecniche comportano un rischio di provocare un aborto compreso fra 0.5% e 1%.

Di fronte a questi limiti delle metodiche invasive sono stati messi a punto alcuni metodi alternativi non invasivi, basati su parametri ecografici fetali (TRANSLUCENZA NUCALE) e/o biochimici su sangue materno (BI TEST), che però hanno il limite di fornire risposte solo di tipo probabilistico e quindi classificabili come test di screening.

IN ALTERNATIVA recentemente sono stati sviluppati metodi per la diagnosi di alcune trisomie fetali, basati sull’analisi del DNA libero fetale (cffDNA) presente nella circolazione sanguigna materna durante la gravidanza.
Questi test hanno il vantaggio di essere non invasivi né per la madre né per il feto e di dare un risultato più attendibile di quello degli attuali test di screening.

Il test prenatale valuta il rischio di presenza delle trisomie 21, 18, 13 e delle condizioni dei cromosomi sessuali nel feto.
È l’unico test che è stato validato sulla popolazione generale delle gestanti ed esclusivamente al primo trimestre di gravidanza e non solo su quelle ad alto rischio di anomalie cromosomiche fetali, ottenendo un’elevata performance.

Donna Incinta

Ricerca trisomie 21, 18, 13

Il test prenatale su campione di sangue materno 

A tutte le gravidanze singole e gemellari, comprese quelle concepite con fecondazione in vitro (IVF) con ovulo autologo o di donatrice.

Un semplice prelievo di sangue venoso periferico a partire dalla 10° settimana di gravidanza.

Circa due settimane.
Valuta il rischio di presenza delle trisomie 21, 18, 13 e delle anomalie cromosomiche legate ai cromosomi sessuali (XXX, XYY, XXYY, XXY o sindrome di Klinefelter e di monosomia X o sindrome di Turner) nel feto, misurando la quantità relativa dei cromosomi nel sangue materno.

Al momento, per le gravidanze gemellari non è disponibile il test per l’analisi dei cromosomi sessuali (X e Y) che determinano il sesso maschile o femminile.

Se la quantità di DNA fetale presente nel campione di sangue non è adeguata, il test non fornisce un risultato e quindi potrebbe essere necessario che la gestante si sottoponga ad un ulteriore prelievo.

Non valuta il rischio di mosaicismo, trisomie parziali o traslocazioni e non esclude la presenza di tutte le anomalie fetali e quindi un test negativo non assicura in maniera definitiva che il feto sia sano.
 Un test positivo non significa che il feto sia sicuramente malato e quindi in questi casi è consigliata una conferma del risultato mediante le convenzionali tecniche invasive (amniocentesi o villocentesi) e la consulenza con un genetista specializzato.

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